libro La grande marcia (2006) Torna alla pagina precedente

Ant 247 esitò, rallentò la marcia per consentire ai suoi occhi icosaedrici di vedere il sole che splendeva alto nel cielo illuminando la distesa dei campi. Il grano era ancora verde e le erbe infestanti non avevano già avuto modo di prendere il sopravvento.
Ant 247 sentì sull'addome il morso doloroso inflittogli dalle robuste mandibole del commilitone che lo seguiva e che, in tal modo, intendeva richiamarlo all'ordine. Abbassò il capo in posizione di marcia e si affrettò a raggiungere il resto del drappello che li precedeva.
Il giorno prima un esploratore aveva riportato la notizia di un piccolo foro, causato dall'ultima pioggia, che consentiva nuovamente l'ingresso al granaio; loro, i soldati, avevano il compito di tracciare il tragitto più breve e meno rischioso per agevolare le operaie nel trasporto delle vettovaglie.
Le antenne del capo drappello seguivano le tracce lasciate dall'esploratore lungo il percorso rendendo rapido il loro procedere.
Ben presto la mole del magazzino si delineò incombente sul plotoncino, il foro fu prontamente individuato e l'interno del granaio li accolse carico di profumi invitanti.

«Bene! - il comandante appariva soddisfatto - Tutto come descritto dall'esploratore: il percorso pianeggiante, meno di un'ora formica operaia dalla Base, l'accesso ampio... ora occorre una vittima.»
Ant 186 guardò i soldati schierati mentre un mormorio di confuso disappunto si levava dal drappello; passò in rivista i soldati una volta, due volte, alla terza si fermò davanti ad Ant 247.
«247 avrai l'onore di morire da eroe, diventerai un mito per le nuove generazioni e il tuo sacrificio dimostrerà, ancora una volta, l'importanza strategica delle formiche soldato che sono pronte ad immolarsi per il bene comune.
Vi ricordo brevemente i fatti. - proseguì rivolto al resto del plotone - Siamo stati assaliti dalle termiti di presidio all'accesso del granaio, 247 ci ha salvati dall'accerchiamento combattendo a oltranza e resistendo, nonostante le numerose ferite, fino all'estremo sacrificio consentendoci di sconfiggere il nemico.»
«Ma perchè proprio io!» si ribellò balbettando Ant 247.
«Semplice, perchè sei un sovversivo. Ti ho osservato fermarti, durante i tuoi turni di guardia, a contemplare il sole e i campi oppure distrarti per ammirare il vento che scompiglia le foglie all'ingresso della Casa madre... e magari, se ispeziono la tua cella, trovo pure che scrivi poesie.»

Quella sera un'insolita processione fece ritorno al Formicaio della Radura.
In testa procedeva Ant 186 scandendo il tempo di una marcia solenne, i soldati lo seguivano in fila indiana; al centro, portato a spalla da due commilitoni, giaceva il corpo straziato di Ant 247 su una barella di fortuna costituita da steli di grano.



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